L’odore umido di grotta, la storia delle passioni che riemerge da ogni anfratto, arco in pietra e dal legno dei piccoli “musei” del mestiere. Tutte sensazioni che non si potrebbero trasmettere attraverso Instagram o Facebook, ma che proprio sui social viaggiano in maniera diversa e più veloci. Così la storia locale, fatta di mestieri e relazioni umane, trova una luce nuova e si ripropone. Lo ha compreso Franco Fazi, il “barbitonsore” di Orta Nova (Foggia), che “si è limitato” a rimettere ordine nella memoria, nella microstoria di un luogo ben incastonato nella tradizione pugliese: quella del salone da barba come luogo sociale e politico. Negli stessi venticinque metri quadrati in corso Aldo Moro che bastavano a Nicola Dellisanti, detto “Nicolein”, per essere il fulcro di una comunità. Soprattutto di domenica. Quasi una chiesa laica, fondata sulla cura del capo e del viso. E non è un caso se ad un ragazzino di bottega non passasse inosservata la figura “centrale” di un uomo che andava sempre al di là del proprio lavoro, arrivando alle anime delle persone.
“C’erano uomini che venivano qui, ma non tagliavano né i capelli né la barba: si intrattenevano a discutere di calcio e politica”, ricorda Fazi. È stato questo l’input che lo ha spinto a “ricostruire tutto”, punto per punto, come un puzzle dei ricordi, per consegnarlo al futuro. Un’idea che è piaciuta al rettore dell’università di Urbino, Gilberto Stocchi, il quale sarebbe già persuaso ad invitare il barbitonsore pugliese per una lezione sugli antichi mestieri. Adesso, in poco tempo, arrivano barbuti da tutta la Capitanata e dal nord della Puglia. Forse già riconoscono e sentono familiare l”‘acqua di colonia” accomunante delle tante microstorie locali. Tramandata nei secoli, perfezionata, e pronta – ora sì – per sbarcare sui social ed essere trasferita alle nuove generazioni.