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Assalti ai tir, gli “specialisti di Orta Nova” avevano altri complici. Si scava sulla banda di “Enzuccio il pazzo”, il giudice: “Erano almeno in sei”

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Prosegue la caccia ai rapinatori dei furgoni in provincia di Foggia. Dopo i quattro arresti effettuati a Orta Nova pochi giorni fa, il lavoro dei carabinieri continua per individuare gli altri componenti della banda. Due i colpi messi a segno, il 26 settembre 2019 a Sannicandro Garganico (bottino 100mila euro) e il 21 novembre dello stesso anno a San Giovanni Rotondo (bottino 140mila euro) con identico modus operandi. Incappucciati e armati di pistole e fucili a canne mozze, a bordo di due veicoli.

In manette Vincenzo Santoro, classe ’68, Michele Carbonaro, classe ’69, Alessandro Palumbo, classe ’83 e Donato Russo, classe ’83, i primi tre in carcere, l’ultimo ai domiciliari. Tutti ortesi. “Non sprovveduti ma specializzati in attività di questo tipo”, le parole degli inquirenti.

Stando all’ordinanza cautelare firmata dal giudice Zeno del Tribunale di Foggia, la banda avrebbe agito a bordo di una Bmw e di una Jeep Renegade per il colpo di settembre. “Almeno tre persone su ogni veicolo”, scrive il giudice, il che lascia intendere che altri complici sono ancora a piede libero. Per la seconda rapina, i banditi utilizzarono due station wagon: una Volkswagen Bora ed una Alfa 156.

La merce rubata nel primo colpo (80 scatole di sigarette, ndr) fu trasferita “all’interno di un autocarro Mitsubishi intestato ad un uomo residente a Lucera – si legge nelle carte , socio di una ditta di autodemolizioni. Ma non venne presentata alcuna denuncia di furto. L’uomo riferì di aver venduto il mezzo ad un’azienda di Monopoli, attraverso un suo conoscente, mediatore della trattativa. Si attendeva solo il passaggio di proprietà. Gli investigatori si recarono presso il deposito veicoli di proprietà del mediatore rinvenendo il furgone utilizzato per trasbordare le sigarette”.

L’uomo, interrogato, “dichiarò il falso – riporta l’ordinanza cautelare – perché riferì che quel furgone lo aveva dapprima ceduto al titolare dell’attività di Monopoli lasciandolo nel deposito della società e di averlo portato presso l’area di servizio Esso di via Napoli (SS16), per farlo visionare ai gestori dell’area di servizio stessa che lo avrebbero messo in relazione con uno straniero di nome ‘Elia’ (persona inesistente). Quest’ultimo avrebbe dato al mediatore 3mila euro come caparra, prendendosi il mezzo. Qualche tempo dopo ‘Elia’ avrebbe riconsegnato il veicolo e la caparra a causa della mancanza di documenti”. 

Emerse invece che l’uomo “si recò a Orta Nova il 10 novembre 2019 presso un bar gestito dalla compagna di uno degli arrestati, Vincenzo Santoro detto ‘Enzuccio il pazzo’, il quale avrebbe condotto il mezzo nell’auto officina di Donato Russo detto ‘Gianpaolo’ come il suo secondo nome”.

Un gruppo criminale ben organizzato, con quartier generale proprio presso l’officina di Russo, luogo adibito alla preparazione dei veicoli per le rapine. Il resoconto del giudice racconta anche la violenza della banda. La vittima della seconda rapina spense il motore del furgone dopo l’assalto, provocando l’ira di uno dei rapinatori, talmente arrabbiato da schiaffeggiare il povero malcapitato.

Una volta spento, il furgone andò in blocco e per spingerlo via i malviventi dovettero utilizzare l’auto con molle montate sul paraurti anteriore. Fu un colpo da 143.500 euro, tra sigarette elettroniche, prodotti per tabacco e tabacco lavorato. Le telecamere del sistema di sorveglianza del mezzo rapinato ripresero molti frangenti della rapina.

Ora, Santoro, Carbonaro e Palumbo “sono gravati – scrive il giudice Zeno – da indizi di colpevolezza nella commissione della seconda rapina e dei reati ad essa connessi, avendo preparato i veicoli utilizzati per la commissione della stessa e per averli riportati dopo la commissione avendone la piena disponibilità. Risulta ampiamente dimostrata la partecipazione di Santoro alla commissione della prima rapina e della seconda”. Per il giudice avrebbe “prelevato il mezzo furgonato per il trasbordo delle sigarette per poi condurlo presso l’officina di Russo”. 

Dalle intercettazioni risulta che presso l’officina erano stati “ricoverati e predisposti” i veicoli utilizzati per i colpi sulle strade del Gargano. Russo avrebbe anche provato a depistare le indagini rendendo false dichiarazioni agli investigatori “per salvaguardare la compagine criminale che utilizza la sua officina per preparare i veicoli alla commissione delle rapine”.

Insomma, secondo il giudice sussistono “gravi indizi di colpevolezza nei confronti degli indagati con il concreto pericolo di commissione di reati della stessa indole nei confronti di Santoro, Carbonaro e Palumbo, in relazione alla gravità degli episodi contestati ed al numero di essi”.

E ancora: “A fronte di una vasta attività di indagine ancora in corso, diretta a individuare gli altri autori delle rapine, vi è il concreto pericolo di inquinamento probatorio”.

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